Una delle rivalità più celebri che hanno segnato la storia del Circus è sicuramente quella tra Stirling Moss e Juan Manuel Fangio: duello stravinto dall’argentino, ma l’eterno secondo non si è fatto mancare un episodio di ripicca.
Ai tempi del bianco e nero, nel lontano 1957, il pilota britannico Stirling Moss ha l’ultima occasione di vincere un mondiale di Formula 1 contro il suo eterno avversario Juan Manuel Fangio: infatti quest’ultimo, tornato a guidare una Maserati 250F dopo la breve esperienza in Ferrari, corre la sua settima e ultima stagione per entrare nella storia e vincere il quinto titolo.
El Chueco, soprannome dell’argentino, inizia al meglio, dominando i primi tre gran premi di Buenos Aires, Monaco e Rouen, mentre l’inglese incassa un solo, misero punto in America del Sud, ottenuto grazie al giro più veloce. Nei gran premi successivi, Moss avvicina in classifica il leader, trionfando nella gara di casa ad Aintreen mentre Fangio rimane a secco di punti a causa del ritiro per un problema al motore.
A questo punto, con Luigi Musso già lontano dalla vetta della classifica, per decretare aritmeticamente il vincitore del campionato può bastare un gran premio: i 500 chilometri del leggendario tracciato del Nürburgring. Il primo della classe è sempre Fangio, che parte dalla pole position, con il suo diretto avversario in quinta piazza. Costretto a un pit stop più lungo del normale, all’undicesimo giro l’argentino perde la prima posizione scalando in terza e rischia così di dover rimandare i festeggiamenti. Lui e la sua Maserati numero 1, vincolati a meraviglia, macinano gli ultimi undici giri a tempo di record, uno dopo l’altro, decimi dopo decimi, abbassando il loro stesso cronometro di dieci secondi. Si impongono sulle due Ferrari di Collins e Hawthorn, per poi viaggiare in solitaria verso la bandiera a scacchi.
Stirling Moss è quinto, Fangio è primo, e campione del mondo per la quinta volta. La gloriosa epoca di vittorie firmate Maserati si conclude qui, con la casa bolognese che non rieuscirà a tenere il passo delle Ferrari negli anni a seguire.
Alle spalle del primatista, che affronta le ultime gare senza troppi rischi, Stirling Moss con la sua Vanwall vuole e deve accumulare più punti possibile per consolidare il secondo posto e staccare le Ferrari in classifica. Proprio le vetture del Drake vengono ritirate dalla penultima prova dell’anno sul il circuito di Pescara. Il motivo è da ricercarsi nella pericolosità del tracciato. Enzo Ferrari, solamente pochi giorni prima del weekend fa iscrivere privatamente i suoi piloti e concede una Ferrari 801 ufficiale a Luigi Musso.
Il brindisi pescarese
Il circuito di Pescara, inaugurato nel 1924 e utilizzato fino al 1961 per lo svolgimento della coppa Acerbo e altre competizioni minori. Il tracciato abruzzese venne calcato, tra gli altri, da Luigi Fagioli, Bernd Rosemeyer, Alberto Ascari, Tazio Nuvolari ed Enzo Ferrari. La griglia di partenza era situata nel centro del capoluogo adriatico, in direzione sud, e il tracciato si sviluppava per 25 chilometri attraverso le vie cittadine e dell’entroterra dei comuni limitrofi.
Dopo aver oltrepassato le numerose curve dei paesi di Villa Raspa, Spoltore e Cappelle, le monoposto percorrevano il chilometro lanciato, un rettilineo di cinque chilometri e mezzo, per poi raggiungere Montesilvano marina, svoltare ancora verso sud e tagliare il traguardo. Nel 1950 proprio Fangio raggiunse l’inimmaginabile velocità di 310 km/h con l’Alfa Romeo 158 sul chilometro lanciato; quattordici anni prima il promettentissimo Guy Moll perse la vita a seguito di un’uscita di carreggiata a 250 km/h.
Le qualifiche vengono dominate dal campione in carica, che, con il tempo di nove minuti e 44 secondi, stacca la Vanwall di Moss di dieci secondi e il compagno di squadra, Jean Behra, di 18 secondi.
La domenica, il 18 agosto, ad aumentare la difficoltà del tracciato si aggiungono il caldo afoso e il raduno di più di 200mila spettatori a ridosso delle strade: per preservare i veicoli e i conducenti la partenza viene anticipata alle 9:30. Al via Musso conquista il comando con un sorpasso all’esterno, ma viene presto infilato dall’inglese e braccato da Fangio. I tre rimangono vicini fino a metà del nono giro, quando il ferrarista perde molto olio dal motore sull’asfalto. Il lungo tratto scivoloso, non segnalato dalle bandiere a bordo pista, causa un testacoda e un contatto con il cordolo all’argentino, che danneggia una ruota.
Questo incidente non solo lo costringe a percorrere chilometri a velocità moderata e a un prolungato stop ma permette anche a Stirling Moss di accumulare un sostanzioso vantaggio sui due sfidanti e di rientrare ai box al giro successivo.
Parcheggiata la sua vettura davanti al garage, oltre a far sostituire normalmente le gomme e rabboccare l’olio, scende dall’auto e, girandosi dietro di sé ad indicare il distante, eterno rivale, compie un gesto tanto clamoroso quanto iconico. Brinda con una bottiglia di vino offerta dagli spettatori tra le festanti acclamazioni della folla. Il motivo di tale gesto è presto detto: sette anni prima una scena analoga era avvenuta al termine del gran premio di Francia, ma con interpreti Juan Manuel Fangio e una cuvée di champagne, sempre donata dai tifosi, la prima volta in assoluto di un festeggiamento del genere nella storia della Formula 1.
E allora perché l’immagine quasi vendicativa di Moss e a suo modo cult che è rimasta impressa negli occhi dei presenti viene meno ricordata nel tempo? Forse perché oscurata da chi era sempre più grande e vincente di lui. Ma non quel giorno.
Termineranno la corsa solo sette piloti su sedici, due scuderie su sei.
Moss è primo, Fangio è secondo a tre minuti e mezzo di distacco. Il re senza corona non avrà mai vinto un mondiale, certo, ma non è una corona a sancire la validità e la bravura di un campione senza tempo.